Tre passi nel delirio: recensione
- Cinema Cinema Horror News
- 26 Gennaio 2024
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Nazione
Francia/Italia
Anno
1968
Regia
Roger Vadim, Federico Fellini, Louis Malle
Sceneggiaura
Bernardino Zapponi, Federico Fellini, , Louis Malle, Roger Vadim, Pascal Cousin
Produzione
Alberto Grimaldi per Produzioni Europee Associate (Roma), Raymond Eger per Les Films Marceau e Cocinor (Parigi)
Cast
Jane Fonda, Peter Fonda, Alain Delon, Brigitte Bardot, Renzo Palmer,Terence Stamp, Salvo Randone
Penso che questa premessa sia più che necessaria. Questa è la mia prima recensione su di un film a episodi. Visto la particolarità e la differente qualità fra i vari episodi, ho deciso di trattarli separatamente e di esprimere sia un giudizio per ogni singolo segmento sia un giudizio collettivo sul film (che è pari alla media aritmetica dei voti per episodio). In questo modo magari potete anche indirizzare la visione sugli episodi migliori ed evitare di guardare l’intera pellicola. Ogni episodio del film è tratto da un racconto di Edgar Allan Poe. Il film è privo di una cornice che faccia da filo conduttore o introduzione ai vari episodi, ma si parte subito con i titoli di testa del segmento.
Metzengerstein
Regia: Roger Vadim
Sceneggiatura: Pascal Cousin
Valutazione: 1 stella
Cast: Jane Fonda, Peter Fonda
Trama: Una donna si macchia dell’uccisione del cugino che non la vuole sposare. Tempo dopo, la donna rimane affascinata da uno stallone che pare essere maledetto. Già l’idea di trasporre questo racconto in pellicola non mi pare una scelta azzeccata: il racconto, infatti, se confrontato con altri dello scrittore risulta piuttosto debole sul lato del mistero e dalla suspense. Se poi s’interviene in fase di sceneggiatura effettuando modifiche il cui unico risultato è di smorzare i toni, il risultato non può che essere peggiorativo. Quest’episodio, infatti, è uno fra i più brutti che abbia mai visto. È lento e noioso, e l’idea di trasformare il protagonista del racconto da uomo in donna, per mettere un po’ più di pepe nella vicenda, non fa altro che appesantire la visione (anche perché siamo negli anni ’60 e ciò che si poteva mostrare allora per lo spettatore odierno è molto riduttivo: in una giornata estiva in spiaggia si vede molto di più). Il film quindi è un polpettone interminabile e si ringrazia il cielo che abbia la durata di un cortometraggio. Meglio passare all’episodio successivo.
William Wilson
Regia: Louis Malle
Sceneggiatura: Louis Malle, Clement, Biddle Wood
Valutazione: 1 stella e 1/2
Cast: Alain Delon, Brigitte Bardot, Renzo Palmer
Un uomo, in punto di morte, si confessa e racconta alcuni strani episodi della sua vita. L’uomo tendenzialmente si reputa malvagio ma tutte le sue malefatte sono state impedite da un altro individuo simile a lui nell’aspetto e con il suo stesso nome. Decisamente meglio dell’episodio precedente ma anche qui non ci siamo. Il racconto è fiacco e taglia molte parti del racconto originario limitando gli incontri fra William Wilson e il suo “sosia”. Il racconto di Poe era poi sviluppato su un piano psicologico rendendo più tangibile l’orrore e meno sconclusionato il finale. Malle non trova altro espediente che far ripetere ad Alain Delon interi passi del romanzo da cui è tratto con la scusa che il protagonista sta raccontando episodi della sua vita, ma questo stratagemma non riesce a creare la medesima tensione del racconto. Bravo, comunque, Alain Delon che riesce a dare un certo spessore ai personaggi che interpreta.
Toby Dammit
Regia: Federico Fellini
Sceneggiatura: Federico Fellini e Bernardino Zapponi
Valutazione: 4 teschi e 1/2
Cast: Terence Stamp, Salvo Randone
Un attore in preda ai fiumi dell’alcol arriva a Roma per un’intervista ma farà i conti con i propri fantasmi, che si materializzano in una bambina che gioca a palla. Federico Fellini ha diretto un film horror? (Spero che non vi stiate domando Federico Fellini chi perché tale ignoranza da me non è tollerata) Ma chi: quello che ha diretto La Dolce Vita e 8 e ½? No, ci deve essere un errore oppure è un omonimo. E invece, sorpresa, è proprio lui. Il regista ha abbandonato il proprio stile per dirigere un horror? No, ovviamente. Fellini ha diretto con il suo consueto stile (in fondo, già in alcuni film puramente “felliniani” l’atmosfera vira nel grottesco) questo film e, ovviamente, quel che ha ottenuto, anche se non è un capolavoro, è una buona prova che spicca nettamente rispetto agli altri episodi. Assolutamente da vedere (anche da solo) nonostante non possa essere considerato un horror convenzionale.
Ps. Ovviamente la figura della bambina che gioca è palla è ispirata a quella del film di Mario Bava, Operazione paura.
©Daniele Lombardi