The Shrouds, l’ultimo lungometraggio di David Cronenberg, presentato a Cannes.

 The Shrouds, l’ultimo lungometraggio di David Cronenberg, presentato a Cannes.

The Shroud è il nuovo film di David Cronenberg in concorso al 77esimo Festival di Cannes.  Vincent Cassel interpreta Karsh, un uomo che ha perso la moglie molti anni fa. Il dolore per la perdita della compagna gli ha corroso  i denti che a suo dire “registrano le emozioni” e reagiscono di conseguenza.  L’uomo che ha l’aspetto proprio del regista canadese (e in effetti c’è molto di autobiografico perché lo stesso Cronenberg ha perso la moglie nel 2017), ha creato una sorta  di sudario (shroud) tecnologico che si avvolge semplicemente attorno a un corpo e consente ai propri cari di vedere i cambiamenti che questi subiscono durante il passare del tempo.
Karsh ci appare così una sorta  di macabro voyeur. Egli può persino ingrandire il cranio della persona amata e farlo girare attraverso un’esperienza virtuale in 3D. L’equilibrio viene rotto quando il Grave Tech, così si chiama il sistema tecnologico che controlla questa sorta di cimitero virtuale, viene compromesso e violato da ignoti. Qui i toni del film passano dal dramma personale di Kirsh a un classico romanzo poliziesco: chi ha fatto questo e perché lo ha fatto?
Cronenberg ipotizza teorie cospirative (secondo cui i cinesi potrebbero aver mirato a utilizzare la rete cimiteriale per la sorveglianza e il tracciamento) a deliri paranoici intrecciati con lo strano comportamento dell’avatar di intelligenza artificiale del protagonista.
In questa ultima, grande opera, visionaria, Cronenberg aggiunge un interessante discorso sulla tecnologia “neurale, organica, umanistica”. Sviluppa il film in un modo contorto, facendoci, come al solito, riflettere su temi importanti: in questo caso la morte e il nostro destino al suo, inevitabile, passaggio (ma il regista, ateo dichiarato, è più interessato ad analizzare le conseguenze psicho-organiche  piuttosto che filosofeggiare su componenti trascendentali). Ovviamente le riflessioni del regista, come fatto in passato e nel suo penultimo capolavoro Crimes of the future, si legano all’uso pervasivo della tecnologia che qui si innesta con la corporalità ormai defunta. The Shrouds è quindi un film sulla dipendenza dal dolore e su un certo tipo di voyeurismo macabro/ tecnologico che conferma ancora una volta la grande mente di un regista che a ottant’anni suonati continua a indagare quel misterioso corpo umano, tempio di carne nel quele la sperimentazione non ha mai fine.

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