Suspiria: Recensione
- Cinema Cinema Horror
- 18 Febbraio 2022
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Nazione: Italia
Anno: 2018
Regia
Luca Guadagnino
Sceneggiatura
David Kajganich
Produzione
Luca Guadagnino, David Kajganich, Francesco Melzi d’Eril, Marco Morabito, Gabriele Moratti, William Sherak, Silvia Venturini Fendi, Bradley J. Fischer
Cast
Dakota Johnson, Tilda Swinton, Chloë Grace Moretz, Mia Goth
Nel 1977, durante l’autunno tedesco, la ballerina Susie Bannion, ripudiata da sua madre e dalla sua comunità mennonita in Ohio, si trasferisce a Berlino per far parte della prestigiosa compagnia di ballo Markos Tanz Company. La Compagnia ha appena perso una delle sue allieve, Patricia Hingle ufficialmente la ragazza si è unita alla R.A.F, in realtà è sparita dopo aver raccontato al suo psicoterapeuta, il dottor Klemperer, di aver scoperto che la scuola nasconde un covo di streghe seguaci di Helena Markos…
E’ vero che non si deve dare mai nulla per scontato. Devo confessarlo, alla notizia di un remake di Suspiria mi sono schierato nettamente tra i condannatori di Guadagnino sottoscrivendo la frase: “non si fa una cosa del genere!” Un remake di uno dei film più importanti del genere horror, forse il capolavoro di Dario Argento, era una cosa impensabile nei secoli dei secoli, eppure il regista palermitano (che negli anni ha raggiunto un livello autoriale degno di nota fino ad arrivare all’oscar) non ha avuto nessuna remora ed è andato avanti nonostante tutte le critiche pregresse. Solo vedendo il suo Suspiria ci si rende conto del perchè Luca Guadagnino teneva molto a questo progetto (a parte essere un fan storico di Argento). Semplicemente perchè il regista crea qualcosa che va oltre il remake, la sua è una riscrittura colta, molto più complessa di quella che sta alla base della pellicola del regista romano. Il punto di partenza è lo stesso: Suspiria De Profundis il libro di Thomas De Quncey, scritto nel 1845 e che in uno dei capitoli parla delle tre “Matres”, le madri del dolore. Se dovessimo comparare i film a opere scritte potremmo dire che il Suspiria di Argento è come una “favola” dell’orrore illustrata e molto colorata, mentre Guadagnino è come se avesse scritto un trattato di filosofia per immagini. Il Suspiria del 2018 è molto più articolato, apre a moltissime riflessioni, ammalia per la sua profondità è, a differenza del Suspiria di Argento, meno horror ed è questo probabilmente una delle grandi differenze fra le due versioni. Il Suspiria di Dario Argento è una delle pellicole più paurose di sempre, in grado di attanagliare alla gola e mettere a disagio lo spettatore. E’ una pellicola che contiene tutti gli stilemi del cinema della paura e va verso una sola direzione: le streghe sono il male e il loro unico scopo è diffonderlo nel mondo nel modo più efferato possibile cosa che Argento ci mostra attraverso una coreografia degli omicidi che deve tutto alla sua macabra fantasia. Non che il Suspiria del 2018 sia privo di sequenze ad effetto, di certo il primo omicidio colpisce basso ma la sequenza si deve apprezzare soprattutto per il connubio visivo/concettuale che viene creato tra la danza, che è vita, e la morte che colpisce fatalmente la ballerina ribelle. Una cosa che invece accomuna i due Suspiria è certamente il fatto che sono film al femminile, dove gli uomini sono pressoché assenti o inutili, burattini, come il dottor Jozef Klemperer nel film di Guadagnino. Nel Suspiria di Argento le ragazze fanno le bambine (dato che il regista avrebbe voluto girare il suo film con delle vere adolescenti non potendo farlo) mentre nel film di Luca Guadagnino esprimono la loro indipendenza, la loro forza e la loro sessualità attraverso il potere che si sprigiona dal corpo danzante. Ma Suspiria è un film sulle streghe che qui, come detto prima, non sono intese come le meretrici del maligno (e infatti il finale ci presenta un rito che non corrisponde al tipico sabba malefico), la figura della strega va oltre, per collegarsi come detto al femmineo, vera forza primigenia fin dall’alba dei tempi, prima dell’esistenza degli uomini. Figura di strega che quindi ingloba in se i misteri di una natura arcana, che si ciba delle colpe e dei mali degli uomini, che danno morte ma che sono anche capaci di amare, di avere misericordia, di dare l’assoluzione di celebrare la vita sempre attraverso la danza. La figura che incarna in se tutto ciò è la madre di tutte Mater Suspirorium [attenzione spoiler] che trova in Susie la sua nuova incarnazione, così Susie, che viene definita “seme malato” gettato sulla terra diventerà madre di tutte le creature (sorridendo beffarda dopo i titoli di coda). [fine spoiler].
Streghe, femmine, quindi, la cui complessità caratteriale è certo più stratificata attraverso l’ottica che Guadagnino ha del mondo femminile rispetto ad Argento (forse per il fatto che il regista è omosessuale).
Affascinanti sono le due protagoniste: Susie e Madame Blanc che si amano come due donne possono fare in un rapporto che ora appare quello di madre e figlia ora di due amanti (evocative le scene che le vedono entrambe rafforzare la loro unione fino a riuscire a comunicare con la mente).
Madame Blanc (interpretata da una Tilda Swinton magnifica, che nel film veste i panni di altri due personaggi che non vi dico…scopriteli voi) è diversa, molto più influente che nella pellicola di Argento dove invece fa delle fugaci apparizioni. E poi c’è Susie che diventa il perno attorno al quale tutto ruota e che trova una propria catarsi nel passaggio dalla rigida comunità rurale dove è cresciuta alla moderna e movimentata e sempre sognata Berlino, Dakota Johnson si dimostra veramente all’altezza dando anima e corpo in un ruolo che le sembra cucito addosso.
Una delle distinzioni da fare è certamente il contesto di tempo e luoghi. La Berlino del 1977 del film di Guadagnino è un luogo in un periodo ben preciso caratterizzato da tensioni sociali e dal terrorismo della Raf così come dal muro di Berlino. E’ una città grigia (che ricorda molto la Berlino del Possession di Zulawski) dove ancora si odono i lamenti della Shoah (soprattutto attraverso la vicenda del dottor Jozef Klemperer), le tonalità desaturate contraddistinguono la fotografia del film (a parte il lisergico finale) rispetto a quello di Argento che punta invece sul colore e su una Friburgo appena accennata, sostituita infatti dal bosco oscuro, in un clima da favola nera come nelle migliori creazioni dei fratelli Grimm luogo dove, peraltro. sorge l’accademia di danza.
Dal punto di vista sonoro non si può che togliersi il cappello: la colonna sonora del leader dei Radiohead, Thom Yorke, è molto intimista, intellettuale, pacata: si potrebbe proprio definire “un sospiro di suoni elettronici e pianoforte” che si adatta perfettamente alle sequenze del film e i pezzi dove le track sono cantate sono capolavori.
Per concludere Luca Guadagnino realizza un film di grande qualità che spinge a più visioni, capace di aprire continue chiavi di lettura, caratterizzato da una regia intelligente e visionaria. Il regista vince così la scommessa di rileggere un film già opera d’arte come il Suspiria aregentiano, vero caposaldo del genere horror, donandogli un proprio marchio di fabbrica e un’impronta internazionale capace di attrarre l’interesse per il nostro cinema che tanto ne ha bisogno.
©Sergio Di Girolamo