Intervista a Federico Zampaglione sul suo ultimo film “The Well”
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- 27 Maggio 2024
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TF: Innanzitutto complimenti per The Well, mi è piaciuto molto.
FZ: Ti ringrazio, mi fa piacere che il film vi sia piaciuto; è un film per appassionati fatto da un appassionato, e forse è questo che arriva.
TF: Il film affronta un tema universale che ci accomuna tutti: lo scorrere del tempo. Oltre che regista sei uno dei musicisti più importanti del panorama musicale italiano e il tempo nel tuo lavoro è fondamentale: cosa ci puoi dire su questo argomento?
FZ: Il tempo è il grande enigma. Ci insegna, ci dà l’esperienza, ci fa maturare, imparare, diventare saggi, ma poi a un certo punto ci supera, ci sorpassa e quindi non avendo una risposta vera e propria in merito, come del resto non ce l’ha nessuno, quello che io faccio è evitare di perderlo il tempo, che non significa che devi sempre fare qualcosa di clamoroso. Però, ad esempio, non frequento più persone con le quali mi sembra di perderlo questo tempo, non mi metto più in progetti che non mi stimolano al cento per cento, perché quel tempo non torna più e quando lo butti poi è veramente frustrante, quindi ne faccio un utilizzo molto attento, un utilizzo in cui cerco di dire a fine giornata: bene, anche questo giorno è servito a qualcosa; e possa essere stato un giorno passato in compagnia di amici, con mia figlia a imparare qualcosa, a creare qualcosa, anche semplicemente a rilassarmi, ma sicuramente non a fare qualcosa di cui non sento il bisogno. Il tempo è veramente la cosa più preziosa che abbiamo.
TF: Parlando ancora di tempo, trovo che i tuoi due film precedenti, Shadow e Tulpa, hanno rappresentato una boccata d’ossigeno, o per meglio dire, sangue fresco, per il cinema di genere italiano: come mai sono passati quasi undici anni prima di tornare dietro la macchina da presa?
FZ: Shadow e Tulpa sono stati due film venuti uno dietro l’altro in un momento di grande entusiasmo in cui veramente non pensavo ad altro. Mi ero preso una pausa dalla musica e quindi mi dedicavo praticamente a tempo pieno al cinema di genere, con il grande sogno di riportarlo ai fasti di un tempo. Poi le cose buone sono successe, soprattutto Shadow è stato venduto dappertutto. Insomma sono riuscito un po’ a riaccendere dell’interesse, però con una grandissima fatica, che poi erano anni in cui non c’erano neanche le piattaforme, per cui fare uscire in sala questi film era un’impresa titanica, non c’era poi la possibilità di farli vedere da nessun’altra parte perché nessuna TV li voleva, quindi grande diffidenza, tante porte chiuse; per cui a un certo momento dopo questi due film ho pensato di prendermi una pausa, anche perché poi firmai con la Sony e poi con la UNIVERSAL per i dischi, e ho avuto un periodo più intenso nuovamente con la musica. Poi nel 2021 ho girato Morrison, era tratto da un mio libro “Dove tutto è a metà”, scritto con Giacomo Gensini, finché non è uscita fuori questa strana storia di “The Well” che mi ha riacceso la lampadina e mi ha fatto capire che vale la pena di ritornare sul luogo del delitto e raccontare una nuova storia, così, all’insegna del terrore, del mistero, dell’inquietudine… Non è che oggi sia più semplice fare un film come The Well, anzi, perché nessuno ti dà finanziamenti, nessuno ti sostiene, sono film visti sempre di cattivo occhio, però in questo caso anche con Stefano Masi, il produttore e co-sceneggiatore, eravamo molto convinti di avere una storia e dei personaggi che valesse la pena di portare alla luce e l’abbiamo fatto.
TF: Parlando dell’ambientazione del film, Sambuci è un piccolo borgo molto affasciante: ci puoi dire com’è stato girare il film in quei luoghi e se è stata la prima scelta?
FZ: Prima di arrivare a Sambuci siamo andati a vedere diversi manieri e poi un giorno il produttore Masi mi chiamò e mi disse: “Forse ho trovato quello che cerchi, quello che fa per noi”. Mi mandò tutta una serie di foto di questo casale, e mi piacque subito, perché quando lo andammo a vedere c’era quella bellezza tipica italiana, però c’era anche un velo di inquietudine, c’era qualcosa anche un pochino di macabro in quel luogo, e quindi ho capito che c’era il giusto mix che serviva per un film come The Well; cioè atmosfere affascinanti, capaci di farti sentire in un luogo speciale ma allo stesso tempo darti sempre quel brivido dietro la schiena, che c’era in effetti proprio dentro quelle mura È stato molto bello girare lì perché poi la Film Commission in questo caso ci ha dato una mano, ci ha permesso, appunto, di portare tutta una serie di arredi, di cose all’interno di questo antico casale che era originariamente completamente vuoto. E’ stato quindi tutto scenografato, tutto lavorato, credo che poi alla fine sia uscito fuori un bel lavoro e quel casale la dice lunga…
TF: Apprezzo il film da molti punti di vista, una delle cose che mi ha conquistato è come hai concepito gli omicidi (veramente efferati) e come li hai filmati, grazie anche a un buonissimo lavoro sugli effetti speciali prostetici. Ci puoi dire qualcosa in proposito?
FZ: Beh, diciamo che in the Well ho spinto molto, è inutile negarlo. L’idea di accostare all’eleganza formale del gotico tutto un lato estremamente violento, ma non un violento un po’ buffo un po’ splatter, ma un violento viscerale, un violento disturbante, più feroce appunto, come tono mi sembrava una chiave vincente perché naturalmente dove c’è il gotico c’è più l’atmosfera c’è più il soprannaturale e invece innestare tutte quelle scene così Gore, secondo me, avrebbe portato una sterzata un po’ inattesa. Infatti mi è capitato di vedere nei festival che quando il film poi prende quella piega le persone strabuzzano gli occhi perché non si aspettano da questo tipo di film quella roba lì. Te lo aspetti più in uno Slasher ma non in un gotico. Quella parte l’ho curata molto, c’è stato un lavoro con lo Stunt Coordinator, Emiliano Dell’Acqua, molto importante per evitare che gli attori si facessero male.
TF: Riguardo al cast attoriale ho trovato tutti molto convincenti: come sei arrivato a scritturare Lauren LaVera?
FZ: Lauren LaVera l’avevo vista su Terrifer e le ho mandato, semplicemente da fan, un messaggio su Instagram, congratulandomi con il lavoro. Dopo un paio di giorni mi è arrivata la risposta con lei che scriveva in italiano e mi diceva che il marito Andrea, che è italiano, era un mio grande fan e che apprezzava molto i complimenti e da lì abbiamo cominciato un po’ a chiacchierare fino a che io non le ho inviato la sceneggiatura di The Well, e lei si è appassionata molto a questa storia, soprattutto perché è ambientata in Italia, che è il suo paese preferito.
TF: Devo farti i complimenti per la prova attoriale di tua figlia Linda, che interpreta un ruolo molto importante per lo sviluppo degli eventi: che rapporto ha con il cinema horror? La vedremo in altri progetti del genere?
FZ: Mia figlia aveva già partecipato con me in due piccoli cortometraggi fatti durante la pandemia: Bianca e Bianca 2. C’eravamo divertiti in quei giorni a fare questi cortometraggi molto amatoriali con uno smartphone, A lei il genere horror piace come per molti ragazzi adolescenti perché lo trovano adrenalinico, ricco di emozioni, di colpi di scena, quindi è stato bello per lei potersi calare in questo ruolo, ma non ti saprei dire se continuerà; sicuramente vuole fare l’attrice, ma questa è un’età in cui non ti dicono nulla, procedono molto così, giorno per giorno. Io me lo auguro perché secondo me è portata per questo genere.
TF: Rimanendo sul cast hai avuto l’onore di avere Giovanni Lombardo Radice tra gli interpreti, un attore che ha vissuto l’epoca d’oro del nostro cinema di genere e che ci mancherà: cosa puoi dirci di lui?
FZ: Eh sì, è stato un grande onore avere per la sua ultima partecipazione sullo schermo il grande Lombardo Radice, un pezzo di storia del cinema di genere, una grande icona, una grande maschera. Non mi sarei mai aspettato che finite le riprese, in un tempo così breve, non ci sarebbe stato più. Avevamo avuto delle conversazioni sul set molto stimolanti, molto divertenti e poi girare con lui anche soltanto una scena era stato molto intenso, si sentiva di essere in presenza di una leggenda. Mi dispiace che non c’è più, avrebbe dovuto fare ancora tanto. Comunque credo che in The Well abbia lasciato un ultimo segno indelebile e sanguinario della sua incredibile arte.
TF: Nel film sono evidenti degli omaggi al nostro glorioso cinema di genere e so che tu ne sei un fine conoscitore. Se dovessi collocare in un podio i tre migliori horror italiani di tutti tempi quale sceglieresti e perché?
FZ: Ma, se dovessi collocare i migliori horror italiani di tutti i tempi, solo tre non sarebbe facile, sicuramente ci metterei La casa dalle finestre che ridono, poi ci metterei l’Aldilà di Lucio Fulci, e poi ci metterei Suspiria di Dario Argento.
TF: Non posso non farti una domanda sull’aspetto sonoro del film e sulle musiche: come le avete concepite?
FZ: Le musiche hanno avuto un ruolo molto importante in The Well perché a volte sono subliminali e creano delle azioni di disturbo sonoro sotto, pur non essendo troppo chiare, ma ci sono delle frequenze, delle cose che ti inquietano. E’ stato un lavoro fatto in gran parte da tutte quelle sonorità con quelle voci molto basse, cavernose, quasi rituali. E’ stato fatto da Oran Loyfer, un grande musicista israeliano, poi ci sono musiche mie, di mio fratello e di Luca Chiaravalli. La musica nell’ horror, ovviamente, è fondamentale perché le immagini fanno paura ma i suoni non sono certo da meno in un film horror che si rispetti.
TF: Nella recensione che ho scritto sul film, sottolineo che il nostro cinema di genere ribolle di buone idee e di validi registi ma che lavorano nel sottobosco un pò dimenticato del cinema indie e ho immaginato la possibilità di una factory horror con al centro Federico Zampaglione per un rilancio di qualità e di visibilità del nostro cinema… ho sognato troppo?
FZ: Mi piacerebbe tantissimo che si potesse fare una Factory di questo tipo di cinema perché è pieno di appassionati, pieno di ragazzi che mi scrivono con delle storie, con delle sceneggiature e dei soggetti che vogliono girare, e percepisci che c’è veramente tanto entusiasmo. Bisognerebbe però avere un po’ più di appoggio dalle istituzioni, perché diciamo che i fondi pubblici vengono impiegati praticamente a senso unico, solo in un certo tipo di cinema ben lontano dall’horror, che viene snobbato da una certa nicchia intellettuale, e comunque dalle zone di potere in cui poi si assegnano i soldi per le realizzazioni dei film. Di mio sicuramente farò il possibile perché questo accada, perché non è giusto che un genere cinematografico così amato, con così tanti fan che seguono e amano nel tempo ancora film italiani di 50 anni fa, e tutta una nuova scena di fan che apprezzano l’horror attuale, non venga preso in considerazione, e continuino a prendere aiuti e sostegni sempre e solo gli stessi tipi di film, sempre e solo con quelle tematiche, film che molto spesso non sono amati affatto dal pubblico, ma sono soltanto sostenuti da un certo tipo di critica intellettualoide e radical chic, mentre l’horror è un genere fatto per il pubblico, quindi è giusto che a un certo punto si riesca ad essere presi in considerazione. Ce la metterò tutta, certo non è facile.