Deliria: Recensione

 Deliria: Recensione

Nazione
Italia

Anno
1987

Regia
Michele Soavi
Sceneggiatura
George Eastman (Luigi Montefiori)
Produzione
Filmarage
Cast
Barbara Cupisti, David Brandon, Giovanni Lombardo Radice, Loredana Parrella, Piero Vida

GIUDIZIO
4/5

Un gruppo di attori  si trova rinchiuso in teatro assieme a uno psicopatico evaso dal manicomio che ha intenzioni di ucciderli tutti: chi si salverà?

Deliria è un film importante per tutti quelli che, come me, amano i film horror italiani per i più svariati motivi: innanzitutto perché è l’opera prima del regista milanese (fino ad allora attore) Michele Soavi, nonché il suo horror migliore (mentre il suo migliore film  è certamente Arrivederci, amore ciao) e poi perché è uno dei più interessanti slasher che sono stati realizzati in Italia. Il film rispetta, infatti, tutte le regole del genere che da Halloween in poi: un primo tempo di tensione mentre nel secondo inizia la mattanza, un serial killer mascherato e letale, la lotta finale fra la protagonista femminile e il serial killer etc. In Deliria spesso questi topos sono utilizzati in modo originale e, a volte, con intelligenza; anche se, per amore del vero, bisogna aggiungere che durante la scorrere della pellicola ci si trova davanti anche ad alcune ingenuità, ma preferisco sorvolare perché questo film mi piace troppo. Innanzitutto la maschera (il muso di un barbagianni) che presa come elemento a se stante non è niente di particolare ma Soavi riesce a rendere inquietante la figura del serial killer (che si chiama Irving Wallace) proprio grazie a questa immagine iconografica (più avanti verrà spiegato in modo intelligente il motivo per cui Irving indossa proprio quella maschera). Anche la genesi (il momento di maggior tensione), che porta allo scontro finale fra Barbara Cupisti e Irving è ben strutturata e ci spiega perché proprio lei, fra tutti, arriva alla fine. Parlando degli omicidi, invece, questi non sono niente di originale ma sono comunque gustosi, alcuni anche veramente splatter (si ricorda che il cinema italiano ha sempre puntato molto sull’effetto gore ma anche che la Filmarage era solita lavorare con budget ridotti). Comunque per farvi capire il livello dello splatter, vi dico solo che la prima volta che vidi questo film era in televisione: beh, arrivati alla fine, quando Irving Wallace riunisce tutti i cadaveri per gustarsi il suo macabro teatrino, non riuscivo a capire come alcuni personaggi fossero capitati lì morti (i tagli del censore avevano fatto sparire i loro decessi e anche il finale).
Sono sicuro che se questa produzione fosse stata americana, Irving Wallace sarebbe tornato per un’infinità di seguiti e adesso sarebbe famoso al pari di Michael Myers e Jason Voorhees.

Curiosità: la pellicola all’estero è conosciuta con i più svariati titoli  fra cui ricordo AcquariusBloody BirdStrage Fright.
Ha vinto l’edizione del Festival di Avoriaz del 1988.

© Daniele Lombardi