Dio non ti Odia: Recensione
- Cinema Cinema Horror
- 13 Maggio 2022
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Nazione
Italia
Anno
2019
Regia
Fabrizio La Monica
Sceneggiatura
Fabrizio La Monica
Produzione
Kalama Film
Cast
Ferdinando Gattuccio, Roberto Romano, Emilia Passalacqua
Siamo in Sicilia, in un periodo che va dal XVIII al XIX secolo. Un padre e sua figlia, affetta da una grave malattia, attraversano un bosco misterioso per incontrare un eremita guaritore, l’unico che sa come aiutare la ragazza. Tuttavia ciò che appare non è quello che sembra e i due dovranno affrontare forze più grandi di loro e fare delle scelte che avranno severe conseguenze per le loro anime.
Dio non ti Odia, prodotto dalla Kàlama film, è il secondo lungometraggio del regista bagherese Fabrizio La Monica dopo Vork and the Beast, fantasy horror, liberamente visibile su youtube. Se la prima opera risente parecchio della mancanza di fondi, muovendosi, La Monica, nel circuito del cinema indipendente, con Dio non ti Odia questo non è così evidente. Certo, avendo a disposizione un budget più cospicuo si sarebbe potuto aggiungere più carne al fuoco, ma questo non inficia la bellezza della pellicola che ha comunque molte frecce nel proprio arco e che, non a caso, ha fatto incetta di premi un pò ovunque, soprattutto nel panorama cinematografico internazionale. Innanzitutto la storia, scritta dallo stesso regista, che ci coinvolge mettendoci di fronte alla difficile situazione che deve affrontare il protagonista. Più volte ci chiediamo cosa faremmo al suo posto, che cosa saremmo disposti a scegliere: il bene nostro o il bene comune? Poi c’è l’aspetto visivo. E’ evidente, già dal primo lavoro di La Monica, come egli si trovi a proprio agio dentro scenari naturali che sceglie con scrupolo. Il regista fa dello scenario una sorta di protagonista aggiunto, come fosse un personaggio inscindibile della vicenda. E, in effetti, il bosco misterioso che attraversano padre e figlia è molto particolare, una sorta di dimensione altra in cui si aggirano presenze oscure che presto vedremo materializzarsi davanti ai loro occhi. Il regista si sofferma più volte su scorci di evocativa bellezza e dettagli che da soli comunicano qualcosa di importante. Dettagli che il regista, con mano sapiente, coglie anche nei gesti e nelle azioni dei suoi personaggi. Per esempio i primi piani pasoliniani dei volti, l’insistenza di inquadrare più volte gli occhi, specialmente quelli del protagonista, sottolineando come essi siano più comunicativi delle parole (e del resto gli occhi non sono lo specchio dell’anima?), ma anche i piccoli gesti delle mani o i singoli oggetti, ci confermano una sensibilità comunicativa e poetica di sicuro valore da parte del regista. Di certo il titolo del film ci spinge a pensare che in tutta questa vicenda ci entri la mano di Dio. In effetti il regista pone delle riflessioni sul rapporto tra l’umano e il divino, ma sembra evidente che la riflessione arrivi a un punto in cui di fatto non c’è speranza per l’uomo e, se Dio c’è o meno, non ha importanza, piuttosto sembra che non gli interessi molto dei suoi figli, abbandonati al loro tragico destino come dimostra anche il bellissimo e originale finale della pellicola. Per quanto concerne gli aspetti più deboli della pellicola sicuramente non si può non notare qualche pecca nella prova recitativa. Se i due protagonisti sono piuttosto convincenti, in particolar modo Roberto Romano che interpreta il padre, così come anche Ferdinando Gattuccio che impersona il misterioso guaritore, di certo troppo caricaturali e poco incisive mi sono sembrate le prove degli altri attori, anche se, come detto, spesso La Monica vi pone rimedio utilizzando delle inquadrature e dei primi piani molto comunicativi. Un altro aspetto che mi convince meno è il ritmo piuttosto lento, anche se di certo garantisce quell’aspetto evocativo e meditativo dato dalle bellissime immagini, e che era, probabilmente fin da subito, nelle intenzioni del regista, tuttavia, secondo me, non avrebbe stonato l’inserimento di qualche scene più movimentata, pigiando magari sul pedale del gore (siamo comunque in un horror), ma questo chiaramente può dipendere anche dal poco budget a disposizione. Al netto di tutto ciò, Dio non ti odia, rimane di certo un lungometraggio ben fatto, considerando la sua natura indie, che trasuda passione e colpi di genio. Un film che non sfigura di fronte a pellicole dalle produzioni più solide e, infatti, non a caso, è stato inserito anche nel catalogo di Amazon Prime. Ciò dimostra quanto il regista creda in quello che fa, nei suoi mezzi e nella sua personale visione del cinema horror. Difatti, Fabrizio La Monica, ha già in cantiere altri due lungometraggi di cui uno, Il buio del giorno, vanta addirittura gli effetti speciali di Sergio Stivaletti, ormai alle fasi finali e che presto avremo il piacere di vedere.
© Sergio Di Girolamo