Il dottor Hichcock è un brillante medico che, grazie a una sostanza anestetizzante di sua invenzione riesce a salvare miracolosamente vite umane. Tuttavia il placido dottore nasconde un segreto legato alla sua ossessione sessuale di possedere donne prive di senso o addirittura morte. Defunta la sua prima e “disponibile” moglie, il dottore lascia Londra per farvi ritorno vent’anni dopo con una nuova consorte; un ritorno che riporterà alla luce vecchie manie…
Che Riccardo Freda sia un nome significativo nel panorama cinematografico italiano, è grazie anche a pellicole come questa. L’orribile segreto del dottor Hichcock è un opera che strizza l’occhio ai film della casa di produzione inglese Hammer film. La magia, o meglio, la grandezza di un regista come Freda è quella di aver ricreato quelle atmosfere gotiche tipiche proprio delle produzioni inglesi e americane sfruttando, al meglio, inconsueti e scarni scenari italiani e ricavando quanto più possibile dai pochi mezzi a disposizione (caratteristica peraltro di molto cinema horror made in Italy di quegli anni) in più girando il tutto (per scommessa) in soli dodici giorni. E’ così quindi che, usufruendo di una modesta villa abbandonata nei pressi del quartiere romano del Parioli, il regista, con un abilissima operazione di montaggio, riesce a trasformare lo scarno scenario in una magione inquietante che fa da sfondo alle malsane pulsioni del protagonista. L’atmosfera creata da Freda (grazie anche a una interessante fotografia), eleva il film a vero e proprio manifesto del gotico italiano contribuendo inoltre a consolidare il genere nel belpaese. La cosa che certo fa di questo film un prodotto anche più interessante di altri gotici è il particolare tema di fondo. Non era facile esporre un argomento delicato come la necrofilia ma Freda, senza essere troppo esplicito e, comunicando ugualmente in maniera efficace le insane pulsioni del dottore, riesce benissimo a illustrare quale sia l’orribile segreto pubblicizzato nella locandina. Indubbiamente punto di forza del film sono le interpretazioni eccezionali degli attori. In primis Robert Flemyng che, con svariati giochi di sguardi, spesso allucinati, riesce a comunicare gli stati maniacali del dottore, la sempre brava Barbara Steele che, rispetto ai soliti ruoli di strega o femme fatale, qui fa la parte della fanciulla in pericolo, e anche Hariette White che impersona un tetra governante.
©Sergio Di Girolamo