The number of the Beast Album: Recensione
Nazione: Inghileterra
Anno: 1982
Band: Iron Maiden
Durata: 40 min 22 sec.
Brani:
Invaders
Children of the damned
The prisoner
22 Acacia avenue
The number of the beast
Run to the hills
Gangland
Total eclipse
Halloweed be thy name
Formazione
Bruce Dickinson – voce
Dave Murray – chitarra
Adrian Smith – chitarra, cori
Steve Harris – basso, cori
Clive Burr – batteria
The number of the Beast è a parer mio l’album più rappresentativo degli Iron Maiden nonchè il loro più grande successo commerciale e segna due eventi epocali per la band: l’ingresso del leggendario Bruce Dickinson, ugola d’oro del metal, nella band e il riconoscimento a livello mondiale grazie anche alle ottime vendite.
The number of the beast è conquista già a cominciare dalla grafica della copertina, realizzata con maestria dal visual designer ufficiale della band Derek Riggs, ma è ovviamente la musica a tenere banco, e che musica! I Maiden, dopo due interessanti album di esordio influenzati ancora dal punk, danno una sterzata al loro stile creando quello che a tutt’oggi e considerato il Power Metal. Brani dalla ritmica incalzante caratterizzata da diversi cambi di tempo e conditi da assoli melodici eseguiti con tecnica sopraffina e mai banali caratterizzano questo album vera e propria colona del genere. E poi ci sono gli acuti sfascia orecchie di Dickinson. Il primo brano Invaders trae ispirazione dalle battaglie della mitologia nordica e in particolare dalla figura dei vichinghi ed è suonato alla velocità della luce. Il successivo Children of the damned invece è una delle ballate più belle della carriera della vergine di ferro, nonchè una delle più riuscite canzoni dell’album. Con un intro lento e magico si passa presto a un sound duro veloce e preciso mentre Dickinson canta di bambini “maledetti” dotati di poteri psichici (brano probabilmente ispirato dalla visione del film Il villaggio dei dannati). In The Prisoner si cita invece un telefilm omonimo degli anni settanta.
22 Acacia Avenue riprende la storia della prostituta Charlotte iniziata nel primo album della band mentre la successiva traccia: The number of the beast è probabilmente il pezzo più bello dell’album. La canzone è cattiva, suonata alla velocità della luce, e cantata in modo sublime. Nel testo si narra la storia di un uomo spettatore di una messa nera ( tutto nasce da un incubo di Harris) e viene introdotta da una voce baritonale che cita un passaggio dell’apocalisse, menzionando, tra l’altro, il numero maledetto:666.
Run to the hills ha un ritmo serrato e Dickinson spara acuti come fossero granate, il testo affronta l’argomento delle lotte tra gli indiani e gli inglesi nella nativa America e diverrà un cavallo di battaglia live.
Gangland si può segnalare per la presenza nella composizione anche del batterista Clive Burr
mentre Total eclipse è inizialmente inserita come B-Side (poi ripubblicata tra i brani originali) ed è un bel brano con un interessante lavoro al basso di Harris. A chiudere il capolavoro Halloweed be thy name che, citando un passaggio del padre nostro, narra le ultime ore di un condannato a morte.
© Sergio Di Girolamo